MANGIA, SUONA, AMA
di Francesco Mussoni
Novembre, di un autunno pieno che già costringe a ripescare dall’armadio la giacca invernale, quella pesante che quando la indossi pensi “ma non era l’altro ieri che stavo a Santa Maria di Leuca con i piedi a mollo e c’erano 40 gradi all’ombra, maledizione?”.
È una di quelle sere infrasettimanali notoriamente dedicate all’esercizio della noia.
Immaginatevi però nel compito di combattere la malinconia, vi lavate e uscite di casa, dopodiché trovate uno di quei locali dove si ostinano ancora a “fare musica live”, ci entrate e vi godete il concerto, di qualunque genere esso sia.
Va bene tutto: un quartetto jazz improvvisato tra componenti che non si soni mai visti prima, una tribute band dei Queen con i musicisti tutti agghindati come gli originali o l’ultimo cantautore indie che canta la noia e la gioia della provincia.
Comunque dicevo: trovatevi in uno di questi locali, entrate e vi sedete per godervi lo spettacolo.
Non so voi, ma io la prima cosa che faccio è ordinare da bere.
Magari diventano due drink (magari di più) nel corso della serata, ma non è la quanità (non oggi) la materia del dibattito.
Piuttosto tenete a mente che intorno a voi tutti hanno un bicchiere (se non un’aletta di pollo o una fetta di pizza) in mano, ci torneremo alla fine.
Poi provate a immaginare quello che avviene a fine concerto: dopo che gli artisti sul palco avranno portato a compimento le ultime e noiosissime pratiche – nello specifico: smontare gli strumenti, compilare il tristemente famoso borderò SIAE, farsi qualche chilometro per caricare la suddetta strumentazione in auto – finiranno la loro lunga serata a “mangiare qualcosa”.
Per dire: conosco musicisti che già dal soundcheck iniziano a scegliere il ristorante dove andare a consumare le energie residue e l’adrenalina della serata.
La “late dinner” che segue è una plastica rappresentazione della catarsi dell’artista: anche se dopolavorista (e quindi di fronte al pensiero che si sono fatte le 2 di notte e alle 9 del mattino deve essere in ufficio, si risponde con un sereno “vabbè chissenefrega”) state pur certi che non lesinerà sul pasto, che ordinerà la pizza più condita del menù, decreterà che, in barba ad ogni regola sulla sana nutrizione, la degna conclusione è riempire in modo congruo il proprio stomaco.
Non so voi ma io su questa storia ci ho ragionato.
Al netto di tutte le congetture dentro alle quali potrei lanciarmi – e sono tante, fidatevi – ci trovo una correlazione atavica e ancestrale tra la musica, creata o ascoltata, e cibo.
Capiamoci però sul termine “cibo”.
Non intendo quello relativo all’atto del nutrirsi, di assumere una corretta quantità di calorie necessaria alla sopravvivenza, ma il piacere, il momento in cui i nostri sensi decidono di risvegliarsi e trovare godimento nell’assaggiare, rifocillarsi, assaporare…
Me ne rendo conto: l’introduzione è stata lunga, ma questa rubrica si lancerà nel mondo delle affinità tra musica e cibo.
Quali analogie ci sono tra la creazione di un piatto o di una canzone?
O anche: come si fonde e si associa l’atto di ascoltare una melodia ed al contempo gustare uno dei propri piatti preferiti?
Proveremo ad approfondire insieme questa strana unione, che ritroveremo in forme diverse ed inaspettate ogni mese.
Stavo però dimenticando qualcosa di importante: ogni volta vi darò una ricetta con tutti i crismi, ingredienti, quantità, tempi di cottura (a proposito del titolo della rubrica: si legge “quattro quarti di cottura”).
Facciamo quindi un balzo all’indietro e ritorniamo al locale con cui abbiamo iniziato, lo ricordate?
Cosa avete ordinato da bere?
Beh, vi svelo un segreto, o meglio una mia fissa: io ho ordinato un Bloody Mary, bello condito e anche piccante.
Lo amo principalmente per due ragioni: sono costretto a berlo piano – un mojito mi dura due minuti nel migliore dei casi – e mi piace il salato più di quanto non mi attiri il dolce.
Oggi lo faremo con una variazione che renderà il drink più fighettino ma non per questo meno incisivo.
Quindi la portiamo a casa facile: non ci sono fornelli né tempi di cottura né (soprattutto) pentole da lavare.
Bloody Mary
INGREDIENTI:
- 4 o 5 pomodori grandi per circa 100 ml di liquido di vegetazione
- 50 ml di vodka
- mezzo lime
- salsa Worcester (qualche goccia)
- Tabasco (qualche goccia)
- sale
- pepe
- una costa di sedano
- ghiaccio in cubetti
PREPARAZIONE (15 minuti)
Accendete lo stereo. Non le cuffie, che i rumori degli ingredienti sono importanti.
Io consiglio “Last Nite” degli Strokes: vivo nella convinzione pagana che quella canzone possa dare un tocco in più al drink che ci accingiamo a preparare.
1- Se li avete prendete due shaker privandoli della parte superiore, ma immagino che il 99% di chi legge possa fare la stessa cosa con due bicchieri uguali (gemelli) ampi e alti. Un bicchiere lo useremo per gli ingredienti, l’altro ci servirà dopo.
2- Prendete i pomodori e tagliateli a metà, con un cucchiaino rimuovete e conservate la parte interna di semi e liquido di vegetazione. Mettete da parte i pomodori, fateci un’insalata o quello che vi pare, a noi serve quello che normalmente si butterebbe: l’acqua del pomodoro.
3- Filtrare l’acqua in modo da rimuovere tutti i semi, versarla quindi in uno dei due bicchieri gemelli: quello che useremo per tutti gli ingredienti.
4- Spremere il mezzo lime e aggiungerlo al liquido di vegetazione
5- Aggiungere nell’ordine: qualche goccia di salsa Worcester, qualche goccia di Tabasco, un pizzico di sale e una macinata di pepe (mi raccomando macinato al momento).
6- Aggiungere anche la vodka e 2/3 cubetti di ghiaccio
7- Ora l’operazione più rischiosa di tutta la ricetta: versare da un bicchiere all’altro l’intruglio appena preparato, in modo che questo si mescoli.
Fatelo più volte ed in modo deciso, finché non vedrete un po’ di “schiumina” apparire: è il segnale che siete pronti per versare in un tumbler il vostro bloody mary infighettito.
Nel vostro tumbler però ci dovrà già essere qualche bel cubetto di ghiaccio ad attendere il drink, che l’altro se ne è andato nelle operazioni di miscelatura, raffreddando il cocktail.
8- Avete lavato la costa di sedano? Bene, infilatela dentro al bicchiere a fianco della cannuccia.
Enjoy.
4/4 DI COTTURA #1 | Mangia, suona, ama
Crediti:
Immagini da Envato Elements