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Ballate per Galline Vecchie #14 | La teoria del torto

LA TEORIA DEL TORTO
di Elisa Genghini

A casa di una amica, dopo aver bevuto un paio di prosecchi e raccontato una triste storia a tema “sinistri stradali ed assicurazioni”, mi trovo a formulare una teoria che è una vera e propria rivelazione per la mia vita. Complice il vino naturalmente, ammettiamolo.

Tutto comincia il giorno prima. Lo racconto dettagliatamente. Sto guidando in discesa lungo i tornanti di una strada collinare. Sto per scontrarmi con un SUV che sta salendo in direzione contraria. Mi fermo in tempo. Alzo il braccio per dirgli di aspettare un attimo. Accosto sulla destra più che posso, il SUV passa, ma un rumore stridente di ferraglia vibra per tutta ma mia macchina.

Esco dalla macchina, vedo un piccolo pezzo di carrozzeria in mezzo alla strada. Lo recupero, è solo un pezzo di plastica della mia auto. Meno male, meno male che è solo la mia macchina, lo penso, ma lo penso ad alta voce. Mi esce dalla bocca così, ecco.

“Veramente – mi dice la persona alla guida del SUV – la mia macchina si è rigata” mi guarda, malissimo.

Sudo freddo, mi reco al cospetto del grande SUV per vedere il danno, il mio non lo calcolo nemmeno, io guido un rottame di macchina, in fondo chi mai prenderebbe sul serio la mia macchina vecchia e scalcagnata. Controllo i graffi, effettivamente ce ne sono alcuni sulla portiera e sul paraurti di plastica.

E poi faccio ciò che meglio so fare. Ciò che faccio sempre. Mi scuso.

Mi scusi, mi scusi, sono davvero dispiaciuta.

La persona del SUV mi dice “dobbiamo firmare la constatazione amichevole perché IO ho subito dei danni”. Dico che adesso non riesco, devo scappare, sono di corsa, ecco il mio numero di telefono, ci sentiamo. Scusi, eh, scusi ancora.

Mentre sto per parcheggiare sotto casa finalmente, a mente fredda, nella mia testa scatta qualcosa. E se non fosse stata colpa mia? Io ero ferma e il SUV è passato calcolando male gli spazi. Io ero ferma. Ero ferma!

Forse ho ragione io. A volte succede. Non ho sempre torto. Anche se il torto è la mia confort zone.

La mia testa vaga per ben ventiquattro ore su queste frequenze, ho ragione, cazzo, e adesso come faccio, come può una piccola Toyota Aygo blu malandata come me avere la meglio su un SUV, sono un piccolo rottame che preferisce credere alle bugie degli altri che alle proprie verità.

Il giorno dopo il SUV mi chiama e io mi sforzo di dire la mia verità, me la faccio uscire dalla bocca con le tenaglie, la dico come se mi fossi imparata una frase a memoria in ungherese. Il SUV si fa una risata rombante di boria ed incredulità e mi dice “ci hai messo una giornata a decidere di cambiare idea, eh? Sei una disonesta, allora perché ieri ti sei scusata?

“Eh, infatti – dice la mia amica nel punto in cui io mi dispero per essermi presa pure della disonesta- perché ti sei scusata?”

Ed ecco che mi trovo a spiattellare la teoria del torto, che sarebbe questa: io spero sempre di avere torto perché sbagliare mi dà la possibilità di reagire, di sistemare le cose. La ragione, la verità è di pietra, devi aspettare sempre che gli altri facciano il primo passo, e non sai quanto devi aspettare, forse una vita intera, avvelenandotici pure, della tua ragione, perché alcuni non lo faranno mai.  Quindi a volte io preferisco fallire, sbagliarmi per poi potere cambiare, andare avanti.