Finalmente è Dicembre.
Ogni anno sono felice dell’arrivo di questo ultimo mese perché significa che il Natale si avvicina, che ci sarà profumo di caldarroste per le vie del centro, che potrò sfoderare le mie pellicce ecologiche oversize. Di solito per me vuol dire più tempo a giocare con i nipotini che vedo sempre troppo poco, vuol dire famiglia e prendersi una piccola pausa.
Questo dicembre ha un altro significato, come forse nell’immaginario di molti: è l’ultimo mese di un anno che ci ha messi in ginocchio, che ci ha ferito, provati e cambiati per sempre.
Sono cambiate le nostre abitudini, le priorità, siamo cambiati noi nel rapporto con noi stessi e nella relazione con l’altro.
Una parola sopra tutte: fatica.
La fatica di attendere di tornare a fare il nostro mestiere su un palcoscenico di un teatro o di un club.
Energie spese per non arrendersi, cercando di non stare in pigiama da mattina a sera.
La fatica nel sostenersi l’un l’altro, asciugandosi le lacrime a vicenda, troppo spesso attraverso uno schermo.
Per me la fatica di preoccupazioni legate alla salute dei miei famigliari e alla mia stessa. In questo 2020 ho scoperto un nodulo al seno destro che va monitorato e “tenuto a bada”. Sono entrata in un programma prevenzione, ogni sei mesi ho un giro di giostra e, inevitabilmente, ho riformulato la mia scala di valori. Per forza.
Fatica per i rapporti di lavoro difficili ma tutto fa parte del gioco, bisogna farsi le ossa, mi dicono. Da musicista, imprenditrice e, più generalmente, da donna, inciampo in azioni quotidiane di sottovalutazione. Una sorta di morbo che affligge questo mondo e non soltanto. Cerco di averne consapevolezza e non mollare.
Le cose accadono a prescindere da un virus che ha compromesso il nostro modo di vivere.
Questo anno è “la vita che accade” sommato ad una pandemia.
Quando le amiche mi dicono “alterno apatia a stati d’ansia” penso sia normale, che sia il minimo sindacale e non dobbiamo farcene una colpa.
Ma che fatica!
Per me però è anche l’anno in cui ho ripreso in mano la mia vita, proprio perché sono successe tutte queste cose e ho fondato Musica di Seta. Ho incontrato persone straordinarie che mi sostengono e fanno compagnia in questa avventura che, vi assicuro, comporta tanto lavoro. Un lavoro ad investimento di tempo, energie e denaro. Qualcuno pensa che sia incosciente, qualcuno forse coraggiosa. Io mi sento perfettamente in linea con me stessa, per me era il giusto momento, ho guardato le briciole di pane (senza glutine!) lungo la strada e mi sono incamminata.
La fatica resta ma il mio augurio per questo fine anno è non dimenticare il senso di solitudine che abbiamo provato, la mancanza lacerante nel non poter fare musica, gli affetti lontani perché tutto questo finirà e torneremo a cantare ma non possiamo permetterci di dimenticare.
Solo facendo memoria si costruisce la propria casa.
Questa casa è mia, è nostra. Continueremo a desiderare e progettare insieme.
Come sempre un passo alla volta.
CHIARA RAGGI
Crediti:
L’immagine di copertina è uno scatto di Tamara Casula