SOLSTIZIO D’INVERNO
di Giulia Pratelli
Lunedì 21 dicembre 2020 alle ore 10:02 (italiane) inizia ufficialmente l’inverno. Delle questioni astronomiche so poco o niente, lasciamo le spiegazioni scientifiche a chi veramente sa di cosa parla.
I solstizi e gli equinozi però mi hanno sempre affascinato: si portano dietro un carico enorme di leggende e un’aura di magia, storie da raccontare e tradizioni da mantenere. Nel primo giorno d’inverno molte civiltà antiche compivano riti propiziatori e sperimentavano libertà proibite in tutti gli altri momenti, celebravano (e ancora, in modo diverso, noi celebriamo) la nascita delle divinità o il passaggio tra l’anno vecchio e quello nuovo.
Mi è sembrato strano che tutto ciò coincidesse proprio con l’inizio della stagione fredda e non con l’avvento della primavera.
L’inverno a me fa un po’ paura: le giornate brevi, le mani congelate, il naso rosso e freddo anche se affondato dentro a sciarpe pesanti. Mi passa la voglia di uscire, mi manca il sole, mi mancano i fiori, i colori caldi dell’autunno, i vestiti leggeri, le gambe scoperte, i caffè ai tavoli esterni dei bar, le finestre aperte. In qualche modo vorrei rimediare e forse è proprio per questo che, a discapito di chi vive con me, tendo a ricoprire tutto di lucine, appendere ghirlande, cucinare di continuo, affondare qualsiasi cosa in una tazza di tè e asciugarmi i capelli per ore ed ore (che però fa male, lo so).
Se ci penso ancora meglio, se mi sposto dal mio punto di vista, invece, è semplice: il solstizio d’inverno è il giorno più breve dell’anno e dal suo domani in poi la luce torna ad affacciarsi, a riappropriarsi lentamente dei suoi spazi. Allora capisco e allora diventa davvero un’occasione da festeggiare, qualcosa che, senza saperlo e con i miei tentativi maldestri, faccio da sempre. Non ho mai acceso fuochi o celebrato la nascita del Sol Invictus ma ho cercato candele, fili di lucine, dischi pieni di belle canzoni e maglioni colorati. Non ho mai pensato a quel giorno come un momento di svolta ma ho sempre cercato di migliorare un periodo ostico, di prendere per mano l’inverno e accompagnarlo verso la primavera come meglio so fare e con i pochi mezzi che ho. Un po’ come quando si dice che se dobbiamo restare tanto tempo dentro al tunnel tanto vale arredarlo, renderlo più confortevole.
Io credo nel conforto: credo nella sicurezza che viene dalle piccole cose che riscaldano il quotidiano e ci mettono una mano sulla spalla per dirci di andare avanti nonostante tutto, che ci tengono un posto in cui poter tornare la sera, stanchi. Non è pensare di non voler uscire dalla comfort zone, non è non avere coraggio: è crearsi uno spazio da abitare in ogni momento, anche in mezzo alle tempeste, alle pandemie, alle “nevicate del ’56”. È una piccola cura per noi stessi, per tutti i passi che compiremo e tutti i momenti difficili che, comunque dovremo affrontare.
Rubrichelli non finisce mai con le mie parole e stavolta, nel lasciare spazio alla musica, ho scelto dieci brani dal sapore invernale, che possano farvi compagnia nei giorni freddi che verranno… resistendo, mio malgrado, all’istinto irrefrenabile di lasciarvi solo Christmas Carols. Ne ho scelto solo uno, nella versione cantata dalla mia voce preferita in assoluto. L’ho scelto perché per me è il Carol più bello e perché quest’anno il Natale e i giorni di festa saranno probabilmente davvero little, ma spero che possano essere comunque merry, che i vostri cuori possano essere un po’ più leggeri e (in un modo o nell’altro) vicini alle persone che amate.
RUBRICHELLI | Solstizio d’inverno #3
Crediti:
L’immagine di copertina è una illustrazione de La Tram [IG: @itslatram]