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Ballate per Galline Vecchie #13 | Sono addestrata

SONO ADDESTRATA
di Elisa Genghini

E’ il 26 novembre, il 25 ormai tutti sappiamo che ricorrenza sia. Io sono al lavoro.  D. viene da me. È arrivata nel posto in cui lavoro da qualche giorno. Abbiamo fatto un colloquio. Mi parla del suo compagno. E’ famoso sai, se “googli” il suo nome vedi quante cose saltano fuori.

L’ho fatto. E uno a cui piace molto andare al bar, bere e menar le mani. Gli piace così tanto che per questo è finito sul giornale. 

E’ una brava persona mi dice lei, tranne che quando beve diventa matto. Non è più lui, è il re del mio infermo. Me lo dice con gli occhi a forma di cuore, si illumina e mi dice che lui e lei per la maggior parte delle volte sono complici, che le dispiace che ogni tanto lei finisca all’ospedale. Lei piange per lui, che è tanto una brava persona, non lo fa mica con cattiveria. 

Io ascolto, sono addestrata. Me lo ripeto come un mantra che sono addestrata, sono addestrata sono perfettamente addestrata. Sono come una spia del KGB, è il mio lavoro, ficco cadaveri smontati di nemici dello stato in un sacco, li metto nel baule della mia utilitaria, poi vado a bere un cappuccino e a comprare l’ammorbidente, sono perfettamente addestrata.

Ascolto, non batto ciglio. Prima o poi mi doveva capitare di farmi raccontare una storia come questa. L’ho messo in conto. Sono una spia russa, sono una spia russa. È il mio lavoro.

Lo so – mi dice D –  lo so che non posso telefonare. Lo so, lo so che non si può, lo so che sarebbe meglio di no, ma sai le bugie non voglio dirvele, sai. Non voglio stare lontano da lui. Facciamo così, gli ho scritto una lettera, -mi dice-, tieni, me la puoi spedire?  Non me la leggete, vero?  Sicura che poi me la imbuchi vero? Io mi fido di voi, mi fido di te.

E’ il 27 novembre, sono in centro a Rimini, sono con mia figlia, sto camminando e ho una lettera in tasca. La buchetta della posta è poco lontana. 

Cosa faccio? La apro la leggo, la taglio centinaia di piccoli pezzi, la disperdo per tutti i bidoni dell’immondizia del centro. Nessuno se ne accorgerà. Poi vado a bere un cappuccino e a comprare l’ammorbidente.

Sono addestrata.

Oppure la spedisco. Questa donna non è pazza, non chiede di essere protetta. Si fida di me. Non sono io a decidere per lei. Nessuno può decidere per lei, è lei che decide per se stessa, è libera, anche di sbagliare. Per ora ha scelto. Ma ha anche scelto di fidarsi. Di me.

Devo prendere una decisione, devo prendere una posizione.

Sono arrivata davanti alle poste centrali. Prendo la lettera.

Me la tengo un po’ tra le mani. Tocco la carta con i polpastrelli cerco di sentire i minuscoli solchi che lascia la penna sulla carta. Me la giro e me la rigiro tra le mani. Me la giro e me la rigiro ancora, ancora un po’.