Ci aspetta un mese di Aprile davvero intenso e, credo, straordinario. Non è un pluralis maiestatis ma tutta la famiglia di Musica di Seta è riunita intorno ad un immaginario tavolo delle feste ed aspettiamo ospiti da ogni parte a brevissimo. Questa casa, infatti, si riempirà di musica, di valori comuni e di cantautrici. Ci sarà solidarietà e condivisione vera. E tutto questo da domani, giorno in cui vedrà la luce un nuovo progetto di Musica di Seta del quale vado – vi confesso – molto ma molto fiera.
Ho cambiato idea molte volte sul contenuto di questo editoriale perché in un mese accadono tante cose importanti, altre addirittura urgenti, o ancora che fanno arrabbiare o deludono. E quindi, questo mese in particolare, è stato per me importante ricapitolare il senso di questa tipologia di articolo, in generale e nello specifico.
In quanto fondatrice e direttrice di questa realtà, apro ogni mese MdS Mag e ri-pongo “le basi” di questa casa, ricordo di aprire le finestre se è necessario cambiare aria, racconto parti di me intime e personali per arrivare a toccare temi che parlano di femminilità, consapevolezza di sé in relazione al mondo ed in relazione alla musica. Ho una responsabilità e me la prendo in ogni parola che fermo nero su bianco.
C’è un passaggio divertente ed esplicativo di come mi sento da quando ho aperto Musica di Seta (senza minimamente paragonarmi alla protagonista) nel film “Non succede ma se succede”. Una giovane donna, intelligente, capace e piena di ideali, estremamente bella – Charlize Theron – è in corsa alla Presidenza degli Stati Uniti d’America. In una scena del film, si confronta con l’autore al quale contesta una frase troppo colorita per un discorso istituzionale e motiva il taglio così: “Sì, ascolta Fred, se sono accesa sembro isterica, se sono emotiva sembro debole, se alzo la voce sembro stronza”. Lui: “Ho un lavoro difficile”. Replica: “Mai quanto il mio”.
Pur non essendo in corsa per la Presidenza degli Stati Uniti, pur non avendo un autore o un’autrice a scrivere per me – e ne sono anche contenta – io tante volte mi sento così e questo spazio non deve per forza accogliere tutto quello che mi passa per la testa. Se sento l’urgenza di scrivere perché felice o estremamente indignata, non è detto che sia questo il posto giusto, non è detto che sia giusto il tempo in cui penso di farlo. E quando non mi fermo io, mi fermano angeli custodi che tengono a me e a Musica di Seta. Opto allora per far sedimentare e non scrivere sull’onda di un sentimento fresco, di un’arrabbiatura bruciante, preferisco aspettare per vedere in che direzione soffierà quel vento dentro di me e intorno a me.
Così sono tornata all’origine, alla prima idea, cioè spiegarvi il titolo di questo spazio e perché uso Cantautore Femmina come “sottotitolo” e come hashtag d’accompagnamento alla mia attività artistica.
La cosa interessante è che io uso questo “epiteto” dal 2017 e nessuno negli anni passati mi ha chiesto il perché di questa scelta come invece accade sempre più frequentemente in quest’ultimo periodo. Significa varie cose probabilmente. La prima, considerazione del tutto personale, è che non interessavo a molti cinque anni fa – pur essendo sempre la stessa. La seconda, ben più importante, è che finalmente stiamo dando importanza alle parole, al come ci chiamiamo, al femminile e al maschile, senza dare nulla per scontato e percorrendo la lunga strada della parità e della legittimazione che passa attraverso la verbalizzazione, il linguaggio e una necessaria rieducazione al riguardo partendo dall’infanzia. Stiamo dando importanza alle parole – finalmente – per dare importanza alla nostra esistenza.
Tornando a Cantautore Femmina, questo ossimoro ha dato il nome ad una web serie e a un programma radio tv di tre stagioni e nessuno mi ha mai chiesto “perchè?”
Oggi invece, mi si chiede il perché e sono felice di spiegarlo brevemente qui.
Amo la parola cantautrice che, grazie al cielo, esiste, resiste e lotta insieme a noi. Quando ho vissuto a New York dicevo semplicemente “I’m a songwriter”: era facile, scontato e per me liberatorio. Quando mi chiedono “e tu cosa fai nella vita” io rispondo “la cantautrice”. Mai è uscito dalla mia bocca “faccio il cantautore femmina”. Suvvia, non sono una stupidotta e sopratutto non uso le parole a caso: per deformazione professionale, per passione e per quella luna in vergine che mi mette in croce.
Cinque anni fa ho scelto di denunciare con ironia e sarcasmo quella che è la condizione delle cantautrici, del mio esserlo in un mondo musicale in cui ci si aspetta e (porca miseria talvolta noi stesse) aspettiamo che sia sempre l’uomo a dare valore al nostro lavoro: il produttore, il direttore artistico, il critico musicale, l’editore e via dicendo.
Della serie, potete prendermi sul serio perché sono un cantautore, ve lo dico subito, con il “piccolo” dettaglio (addirittura tra parentesi) che sono una femmina. Brava come un maschio, vi sto dicendo questo? E no! Io vi sto dicendo che mi prendo gioco di voi, che vi vedo uno ad uno sotto braccio al vostro pregiudizio. Sono brava come solo una donna sa essere e voglio anche potermi permettere di sbagliare ogni tanto, perché tutti commettono errori ma quando siamo noi a farlo, ci precludiamo porte, portoni, archi di trionfo e passaggi spazio temporali. Non sto inventando nulla.
Un pungolo, una provocazione, per qualcuno solo un “cancelletto” sotto a un post, che mi ha portato a pensare di costruire Musica di Seta, realtà nella quale cerchiamo quotidianamente di dare valore a quello che siamo, per come e nel come facciamo le cose.
Mi auguro di cuore, un giorno, di lasciare andare #cantautorefemmina perché ormai poco utile, come forse, un giorno, Musica di Seta si trasformerà in altro, aprendo le porte ai colleghi. Ma quel momento è ancora lontano per me, la strada è ancora lunga e tortuosa, non prendiamoci in giro in questo caso. E, da ultimo, io di certo non sono una che si accontenta.
CHIARA RAGGI
Crediti:
L’immagine di copertina è uno scatto di Giacomo Bellavista