CANTAUTORE [FEMMINA] #20 – L’editoriale | SUPERARE I LIMITI
Mi sono ritrovata a riflettere, nelle ultime settimane, sul superamento dei limiti. Qual è il limite da valicare per superarsi e quale è bene non sfidare?
Avevo programmato per fine settembre e inizio ottobre, due settimane di lavoro, in lungo e in largo per la penisola: concerti, eventi, prove per allestimenti, incontri di lavoro.
Ero molto in tensione per questo giro, arrivavo da un’estate intensa di concerti, dalla Svizzera alla Francia, da Brescia e Cosenza – per dare un’idea – con all’attivo 4 giorni di vacanza.
È arrivato settembre e io mi sono sentita come se non fossi nemmeno “passata dal via”, per citare un gioco da tavolo che sicuramente andava di moda quando ero piccola.
Facendo questo lavoro, si ha spesso l’impressione di non potersi permettere cedimenti, momenti di rilassatezza. Una sorta di corsa costante, da un progetto ad un altro, da una città a un’altra. Chi si ferma è perduto! Perduto, dimenticato, immobile? Queste le domande che si palesano in testa quando non si è in tour, non si fanno concerti, non si registrano album, non si allestiscono spettacoli.
Penso che questa corsa forsennata sia amplificata e deviata dal lunghissimo momento di stop subito a causa della pandemia. I risvolti psicologici (oltre che le difficoltà economiche) si fanno sentire, bussano alla porta della nostra stabilità. E quindi, dopo esser stati fermi ben due anni, possiamo permetterci di stare fermi? La risposta che mi sono data fino al 20 settembre è stata “no, non posso permettermelo, non voglio permettermelo. Non mi lamento, lavoro a testa bassa.”
Invece il 20 settembre, alla vigilia delle due settimane di tour de force… mi sono rotta (poco) un piede. Poco da non stare ferma per mesi, ma in modo sufficiente da sospendere la mia routine per tre settimane.
È accaduto in modo banale, ad un aperitivo: mi si è addormentata una gamba e non me ne sono accorta. Una volta in piedi invece sì ma era troppo tardi e il peso del mio corpo si è adagiato velocemente sulla caviglia e vi lascio immaginare il resto.
Il medico che mi ha visitato e consegnato il referto mi ha detto “deve stare ferma, almeno 20 giorni”. Io lo guardavo stupita: “Ferma come? Ferma ferma o posso fare cose stando attenta”.
Risposta: “Deve stare ferma”. A buon intenditor poche parole.
Non mi sono arresa subito all’evidenza di quanto avesse ragione il dottore, in preda ad una sindrome da wonder woman, troppo spesso richiesta in questo e altri mestieri. Ho tentato di forzare la realtà, di forzare il piede, la mia salute ma dopo qualche vano (e faticosissimo) tentativo ho deciso di annullare o riprogrammare tutto il lavoro previsto.
Che lotta interna con me stessa, con il senso di responsabilità verso me stessa e gli altri!
Mi sono presa cura del mio piede con riabilitazione, fisioterapista e riposo assoluto. Ora che sto meglio, riguardo quelle giornate di apparente immobilità come un atto necessario e dovuto a me stessa, al mio fisico e alla mia serenità.
Il mio corpo è stato più intelligente e saggio di me, mi ha fermata quando io non riuscivo.
Viva l’inconscio, sempre.
Ho festeggiato il secondo anno di Musica di Seta con tutore al piede e sneakers (mettendo da parte i tacchi che preferisco di gran lunga), insieme ad alcune delle persone che mi sono vicine in questo percorso e nella vita. Altre, importanti, erano lontane ma non mi è mancato il loro affetto e il loro sostegno.
Così come la vostra presenza e il vostro affetto su queste pagine e, tante volte, di persona, mi incoraggia a superare limiti e rispettarne altri.
È sempre questione di equilibrio, non basterà questa vita per impararlo del tutto ma intanto faccio tesoro delle esperienze, in ascolto di me stessa e della realtà che mi circonda.
Con determinazione e gentilezza, riprende la mia corsa, un passo consapevole e attento.
Chiara Raggi
La foto di copertina è di SLUTSKAIA