THE NEW NORMAL
di Laura Gramuglia
Qualche settimana fa la FIMI ha pubblicato la classifica dei dischi più venduti nel 2020 in Italia. La sorpresa, che per molte non sarà tale, è che per scoprire il nome di una donna bisogna scorrere la classifica oltre la ventesima posizione. Incrociare dati, analizzare la presenza delle artiste sulle diverse piattaforme di streaming, censire l’ascoltatore medio per età, genere, gusti e potere d’acquisto, è importantissimo per riuscire a comprendere l’origine di questa innegabile disparità. Se davvero l’industria della musica, e non solo, ha intenzione di porre fine alle disuguaglianze, dovrà riconvertirsi con urgenza all’analisi economica e sociale basata su dati di realtà. Certo, una volta ottenute le risposte, sarà necessario capire come dare il via al cambiamento.
Sicuramente, il nostro paese, qualche problema con le musiciste ce l’ha. È un dato di fatto che le donne che fanno musica, quelle che arrivano al grande pubblico o anche soltanto quelle che riescono a completare un percorso di studi, siano ancora in minoranza rispetto agli uomini. Eppure all’inizio non è così. Da qualche parte, però, un imbuto c’è. In Italia sono tantissime le donne che si occupano di uffici stampa, promozione eventi, anche management, tutti lavori improntati alla cura dell’artista. Quando però si tratta di salire nell’ordine e di arrivare a ruoli di dirigenza, ecco che di donne non se ne incontrano quasi più. Per una musicista, ancora più che per un’interprete, le cose possono essere più complicate perché ha un’idea precisa di quello che vuole realizzare mentre un’interprete è più malleabile e si può plasmare anche in base agli autori che scriveranno per lei. Fiorella Mannoia, cantante molto amata e popolare, racconta di non essere mai stata discriminata nel corso della propria carriera, fatta eccezione per il cachet. Quello, afferma, è sempre inferiore se rapportato alla retribuzione dei colleghi.
Stessa difficoltà per la presenza femminile nei cartelloni estivi, un problema che riguarda da anni anche l’estero. Soltanto nel 2019, il Primavera Sound di Barcellona, uno dei raduni più importanti al mondo, è arrivato a contare una parità di genere nella propria line-up. Lo ha fatto alla sua diciannovesima edizione; altre storiche rassegne, a oggi, non se la sentono di correre quello che per loro rappresenta un rischio. Che la maggior parte del pubblico dei festival sia composto in prevalenza da donne non è evidentemente valutato come dato sensibile. La manifestazione spagnola, per il lancio della campagna, ha utilizzato l’hashtag #TheNewNormal. L’ordinario che tenta di diventare straordinario e viceversa.
Per fortuna oggi esistono realtà che anni fa non c’erano come ad esempio Shesaid.so, una rete globale formata da donne, presente anche sul nostro territorio. Aderiscono al progetto donne che lavorano nell’industria musicale a tutti i livelli e in tutti i campi dell’industria: etichette, pr, management, produzione di concerti fino ad arrivare alle stesse artiste. Il quartiere generale si divide tra Londra e Los Angeles, ma le reti locali comprendono anche New York, Parigi, Berlino, Mumbai, Barcellona e altre importanti città in tutto il mondo, per un totale di tredici gruppi locali e più di duemilacinquecento membri. Un numero inevitabilmente destinato a crescere perché, come ci ricorda la scrittrice, giornalista e attivista Caroline Criado-Perez – autrice dell’accurata indagine sul vuoto dei dati di genere ‘Invisibili’ – “quando si esclude il cinquanta per cento dell’umanità dalla produzione di conoscenza, ciò che si perde sono idee che potrebbero cambiare il mondo.”
ROCKET GIRLS #5 | The New Normal
La Playlist che accompagna l’articolo è una selezione di Laura “Rocket Girls“
Crediti:
L’immagine di copertina è Rosalia al Primavera Sound 2019
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