GENDER GAP
di Laura Gramuglia
I numeri a volte fanno paura, quelli che spesso affiancano la vita delle donne specialmente. Secondo un recente report Istat sul lavoro, nell’ultimo mese del 2020 ci sono stati 101mila occupati in meno. Di questi, 99mila sono donne. Un gap enorme, una vera e propria emergenza per l’occupazione femminile, un campanello d’allarme che le lavoratrici del mondo dello spettacolo, purtroppo, conoscono fin troppo bene.
A volte permane ancora l’idea che operare in questo settore non equivalga allo svolgimento di una vera professione, e questo, al di là del pregiudizio, è un problema. L’anno che stiamo vivendo ne è la prova. La pandemia ha reso il lavoro delle donne ancora più invisibile. Se c’è una cosa che la quarantena ha riportato in superficie, è che sono ancora le donne a occuparsi della cura dei figli, dei parenti più prossimi e della casa. “Gestire una famiglia è un lavoro a tempo pieno. Ma avere la responsabilità di una scatola piena di esseri umani spaventati nel bel mezzo di una pandemia, è un lavoro a tempo pieno in modalità incubo”. È la giornalista e attivista inglese Laurie Penny a fare luce sulla solita annosa questione: nei periodi di crisi economica, quando il tessuto sociale si sfalda, sono le donne che si fanno avanti per rappezzarlo. “Nella geopolitica e nella vita privata, gli uomini sporcano e subito arrivano le donne a pulire”.
Meno donne sui palchi, sui cartelloni dei festival, sulle piattaforme digitali e in live streaming. C’è ancora tantissimo da fare, lunghe battaglie per il riconoscimento dei diritti essenziali e tutele che includano la giungla contrattuale in cui il settore è spesso invischiato. A vederla così si direbbe che l’industria musicale sia un affare per soli uomini e certi numeri, quando vengono raccolti, sono lì, chiarissimi a dimostrarci la misura della disparità di genere. Pensate che soltanto nella produzione meno del cinque per cento degli ingegneri del suono sono donne e, come ci ricorda un recente articolo de Il Sole 24Ore a firma della giornalista Ilaria Potenza, è altrettanto difficile pensare a punti di riferimento femminili nell’ambiente. Forse è anche per questo che, quando si incontrano, queste pietre sembrano brillare più delle altre. La storia di Marta Salogni, a oggi una delle ingegnere più influenti del panorama internazionale, non fa eccezione. Abbiamo fatto la sua conoscenza tra queste pagine lo scorso marzo, ma vale a pena dedicare altro spazio al suo straordinario e riconosciuto talento. “Quando ho cominciato, da ragazzina, si sentiva parlare solo di Leslie Ann Jones come donna in questo lavoro. Avevo visto la sua fotografia sulla rivista di registrazione Tape Op: stava seduta davanti al mixer, concentrata, guardava davanti a sé con una sicurezza che mi ha colpito. Mi dissi che volevo diventare come lei un giorno. Quella fotografia mi è cara ancora oggi. Con il passare degli anni ho scoperto Daphne Oram e Delia Derbyshire del BBC Radiophonic Workshop in cui mi sono rispecchiata per la loro visione e l’approccio sperimentale all’ingegneria. Lentamente ho iniziato a sentirmi meno sola.” Vincitrice del prestigioso Music Producer Guild Award 2018 come miglior ingegnere del suono emergente, oggi, secondo Billboard è tra le dieci donne under 40 più influenti nel panorama musicale. Di stanza a Londra dal 2010, Marta ha lavorato con Bjork, FKA Twigs, Liars, Frank Ocean, Block Party e questo è solo l’inizio. “Fino a cinque anni fa c’erano cinque donne produttrici, oggi ne conosco venti: è tempo di uscire allo scoperto, le donne si sono rese conto di essere state relegate in un angolo troppo a lungo.”
ROCKET GIRLS #6 | Sisterhood
La Playlist che accompagna l’articolo è una selezione di Laura “Rocket Girls“
Crediti:
L’immagine di copertina è Daphne_Oram by Bijou_Karman
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