FUSION (COME LA CARBONARA)!
di Francesco Mussoni
Lo so, il titolo è volutamente provocatorio, ma prima di macchiarvi di reato contro la proprietà o la persona (Michele Neri, stimato autore che scrive su queste pagine è già probabilmente svenuto, ndr) lasciatemi almeno spiegare!
Avete mai pensato a quanto è bello/buono tutto ciò che è fusion?
Ovviamente no, perché non tutto ciò che è fusion riesce bene.
Qualche anno fa mi capitò di vedere nella mia città l’accattivante insegna di un ristorante di sushi/brasiliano, e francamente mi sarebbe servito troppo coraggio per varcarne la soglia.
Evidentemente il coraggio è mancato a tanti, perché dopo 6 mesi quel ristorante ha chiuso.
Lo confesso: anche io la prima volta che ho sentito nominare l’ananas sulla pizza reagii come quando gli Iron Maiden inserirono le tastiere nel loro settimo album.
In fondo quasi tutti la pensiamo come il buon chef Gino D’Acampo, famoso nelle terre della Perfida Albione per aver difeso in modo molto poco british le tradizioni della cucina italiana:
Però possiamo affermare che senza contaminazione musicale e culinaria saremmo tutti (molto) più poveri.
Probabilmente il punto è esattamente questo: l’ananas sulla pizza NON è un processo di contaminazione, è solo un maldestro tentativo di creare qualcosa che faccia alzare più di un sopracciglio, indipendentemente dal risultato.
L’esito di una contaminazione è semmai il pomodoro, senza il quale la pizza non esisterebbe nel modo in cui tutti la conosciamo, oppure Peter Gabriel che lascia i Genesis e pubblica il suo primo album solista sdoganando senza timore (per forza: è Peter Gabriel, direte voi) la World Music.
Vale la pena ricordarlo: il pomodoro è di origine sudamericana ed è approdato in Italia solamente poco prima della metà del 1500, in seguito alla scoperta delle americhe, eppure immaginatevi la cucina italiana senza pomodoro. Impossibile, giusto?!
E senza questa canzone qui probabilmente la carriera di Peter Gabriel avrebbe seguito una sorte diversa.
Ritengo la contaminazione un processo irreversibile e ineluttabile.
L’essere umano è un animale sociale, la sua necessità antropologica di riunirsi in gruppo è indubbia: da questa interazione che nasce il processo creativo, lo stimolo che accende la scintilla che diventerà – qualche volta – una pietra miliare.
Come la pasta alla carbonara.
So che aspettavate questo momento, perciò tanto vale togliersi subito il dente. Mi avvalgo del Gambero Rosso e vado citando:
Le ipotesi sono diverse, ma su tutte prevale il racconto, mai smentito, di Renato Gualandi. Questo giovane cuoco di origine bolognese fu ingaggiato il 22 settembre 1944 per preparare un pranzo in occasione dell’incontro tra l’Ottava Armata inglese e la Quinta Armata americana nella Riccione appena liberata. Facendo di necessità virtù, creò inconsapevolmente un piatto destinato a diventare famoso in tutto il mondo: “Gli americani avevano del bacon fantastico, della crema di latte buonissima, del formaggio e della polvere di rosso d’uovo. Misi tutto insieme e servii a cena questa pasta ai generali e agli ufficiali. All’ultimo momento decisi di mettere del pepe nero che sprigionò un ottimo sapore. Li cucinai abbastanza “bavosetti” e furono conquistati dalla pasta”. In seguito Gualandi divenne cuoco delle truppe alleate a Roma dal settembre del ’44 all’aprile del ’45 e questo periodo fu sufficiente per diffondere la fama della carbonara nella Capitale.
Riassumo per chi non ha ancora perso i sensi: pare che la pasta alla carbonara sia stata inventata da un cuoco bolognese, a Riccione, per inglesi e americani. Come se non bastasse ci ha messo anche la panna.
Credo sia per questa ragione che cercando le immagini su internet di “carbonara” questo è quello che trovo:
A questo punto non esiste più niente o nessuno che possa salvarmi dalla ferocia degli abitanti della città eterna, quindi tanto vale dirlo per mettere alcune cose in chiaro: io la carbonara la faccio con uovo, pecorino romano, guanciale e pepe.
Tengo un po’ di acqua di cottura (ma tiepida!) a parte per renderla cremosa ma nulla più, nessun esoterismo, se non alcune piccole attenzioni sulla lavorazione:
1- il guanciale deve essere mondato per bene e tagliato a pezzi o striscioline, come vi pare, basta che siano UGUALI, sennò un po’ si cuoce e un po’ no. E cuocetelo a fiamma bassabassabassa, mi raccomando.
Niente olio: basterà il grasso che si sprigionerà per farci saltare la pasta a fiamma più vivace.
2- il pecorino va grattugiato finefinefine perché deve amalgamarsi, non rimanere a pezzettoni
3- eppure c’è chi non lo sa: la crema di uova e pecorino va aggiunta fuori dal calore della padella, nessuno vuole una frittata agli spaghetti.
4- il pepe va macinato fresco. Non solo per la carbonara: sempre.
Nonostante questo mi rendo conto che se è vero ciò che il Gambero Rosso narra sull’origine della carbonara, posso serenamente affermare: “fate la carbonara come piace a voi”, perché la tradizione va preservata, ma l’arte va creata.
Ed in questo processo di creazione gli errori non fanno che rendere migliore il risultato finale.
4/4 DI COTTURA #4 | Fusion (come la carbonara)