Sílvia Pérez Cruz – Farsa (genero imposible)
di Luca Guidi
Un genere impossibile, uno spazio dell’immaginazione dai confini liquidi, un racconto cromatico e multiforme, idee musicali che cercano collocazione attraverso la fuga.
Farsa di Silvia Perez Cruz sembra infatti voler scansare ogni tentativo di classificazione, muovendo i passi dal folklore, dall’odore di terra, per trovare rifugio (forse nascondersi?) nelle viscere, nel sangue.
In Italia l’artista catalana ha raggiunto l’attenzione dei più grazie alla performance sanremese a fianco di Tosca nel Festival del 2020, in cui le due duettarono in una bellissima interpretazione di Piazza Grande di Lucio Dalla. Silvia però si era già guadagnata una notevole attenzione in tutto il mondo grazie ad una vocalità solida e carismatica, una spiccata sensibilità e una naturale propensione per la ricerca di atmosfere inedite, al limite tra cultura popolare ed avanguardia.
La voce di Silvia Perez Cruz merita un approfondimento. La gamma espressiva e la capacità di caratterizzare ogni parola, ogni significato melodico, è quella dei più grandi, ricorda, pur con un linguaggio assolutamente distante, la profondità interpretativa di Jeff Buckley, di Joni Mitchell, di Nina Simone.
Musica viva, più che mai nelle tracce raccolte all’interno di questo disco.
Farsa (Genero Imposible), si apre con Pena Salada, canzone dominata dalle voci (plurale) dell’artista e dalle percussioni, profonde e nervose, che fanno da contrappunto. Le armonie vocali raccontano un corto circuito tra oriente e occidente, mentre i continui richiami del testo alla terra e alla cultura contadina contrastano l’atmosfera di mistero e disorientamento che caratterizza tutto il brano.
Todas las madres del mundo ci conduce all’interno di una sonorità più intima, guidata da una chitarra classica e colorata da fisarmonica ed archi. Il brano però ha parole crude e viscerali, “Todas las madres del mundo/Esconden su vientre, tiemblan/Y quisieran retirarse/A virginidades ciegas” (Tutte le madri del mondo/Nascondono il loro ventre, tremano/E vorrebbero rititarsi/Alle veginità cieche).
E se Manana sembra veramente una bellissima canzone di origine popolare, nel disco c’è spazio anche per atmosfere più rarefatte e misteriose, come in Fatherless, o per spunti dal sapore jazzistico (come in Estimat).
Una particolare menzione per Plumita, un brano atipico, dall’introduzione sognante e minimalista, seguita da un’esposizione più lineare, luminosa.
Qui forse si svela completamente l’anima libera e sperimentale dell’artista. Sembra di poter scorgere in lontananza una nuova Bjork, però latina.
GUIDI ALL’ASCOLTO #3 | Sílvia Pérez Cruz – Farsa (genero imposible)
Crediti:
L’immagine di copertina è una illustrazione di Federico Russo