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GUIDI ALL’ASCOLTO #4 | Feist – The reminder

Feist – The reminder
di Luca Guidi

Sono pochissimi gli artisti di cui ricordiamo il momento esatto in cui li abbiamo conosciuti.
Nel mio caso una di questi è Feist, brillante cantautrice canadese.

Ero in vacanza a Dublino con la mia ragazza, entrammo in un negozio di dischi per dare un’occhiata e rimasi così folgorato da quello che stavano passando in filo diffusione da dover chiedere al commesso cosa fosse.

Era The Reminder, terzo disco di Leslie Feist. Fu subito colpo di fulmine.

Non vi aspettate, dunque, che possa descrivervi questo disco con freddezza e distacco, posso raccontarvelo, ma come si racconta il primo sorso di birra o il primo calcio al pallone.

The Reminder ha un suono piccolo e semplice, come una ricetta con pochi ma buoni ingredienti della terra. Un disco indie folk intimista, guidato dalla chitarra acustica e la voce esile di Feist e impreziosita da arrangiamenti colorati ma rispettosi volti a far risaltare la luce che le canzoni portano in dote.

C’è qualcosa di più, molto difficile da raccontare, una pasta, un suono, un tocco personale che distingue questo lavoro dai molti, simili, che escono ogni anno.

Se ne devono essere accorti anche artisti importanti come Beck e gli Wilco che in seguito hanno voluto la cantautrice al loro fianco come collaboratrice occasionale.

The Reminder apre con un brano ed una confessione al tempo stesso, So Sorry.

Dentro un’atmosfera leggera e minimale, sensibilmente ammiccante al jazz, Leslie si scusa, con se stessa e con qualcun altro per non essere stata all’altezza delle proprie aspettative all’interno di un rapporto.

La canzone evita però qualsiasi enfatizzazione concentrandosi piuttosto sul suono delle parole “i’m sorry” così come sembrano reverberare nella testa dell’artista.

Segue I feel it all, più ruvida e spigolosa, sia nella musica che nel racconto.

Una chitarra acustica crunchy, un cembalo e poco più, quasi un assetto da strada colorato in produzione, mentre la voce racconta, da una parte, di un’inedita sensazione di libertà, dall’altra di una volontà di riprendere in mano il proprio destino dopo una batosta affettiva (“I’ll be the one who’ll break my heart / I’ll be the one to hold the gun”).

1234 sembra quasi una formula magica per riportare indietro un amore perduto ma se la spensieratezza della musica, alleggerita ulteriormente da ottoni beatlesiani, tenta di nascondere l’amarezza in filigrana, altrettanto non fa il testo (“For the teenage boys / They’re breaking your heart”).

Menzione speciale per The limit to your love, canzone piena di pathos, impreziosita da un pianoforte minimale ma irrinunciabile e da un orchestrazione che sembra volerci portare in un passato onirico.

Ho detto tutto, se ascolterete questo disco per la prima volta, spero che anche voi ricorderete il momento.

GUIDI ALL’ASCOLTO #4 | Feist – The reminder

Crediti:

L’immagine di copertina è una illustrazione di Federico Russo