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Il Brunch della Domenica #7 | Valentina Giovagnini

IL BRUNCH DELLA DOMENICA | VALENTINA GIOVAGNINI
di Andrea Amati

Di recente ho passato alcuni giorni in Toscana, per la precisione in val d’Orcia. Un po’ di stacco fuori casa dopo tanti mesi in cui non si poteva uscire dalle Regioni. Avevo già deciso che avrei voluto ambientare questo mio “Brunch della Domenica” del mese di Giugno in Toscana ma ancora non sapevo bene di cosa parlare e soprattutto di chi.

La Toscana ti rapisce per un sacco di motivi ma raramente mi sono imbattuto in una tavolozza così impressionante di colori! Il verde dei prati che si estendono infiniti per le colline, il rosso dei papaveri a punteggiare l’orizzonte e quell’azzurro magnifico e imponente a sovrastare il tutto, accarezzato dai cipressi che adombravano le vie verso quei borghi medievali mozzafiato. Uno spettacolo difficile da dimenticare!

Quale storia, quale musica può essere adatta a un racconto/omaggio mensile da ambientare in una terra simile? C’è, a ben pensarci, una piccola grande storia che va oltre la musica; una storia che mi ha rimandato per vari motivi alle sensazioni e ai profumi di quella natura.

E’ la vita musicale e umana di Valentina Giovagnini.

L’artista aretina che ha cantato e suonato la terra e che la terra si è fatalmente ripresa, in un tragico incidente avvenuto quando la sua carriera aveva ancora tanto da dare. Valentina Giovagnini aveva un talento raro e un certo gusto per la sfida che l’ha portata a inserire nei canoni standard della canzone pop italiana dei primi anni 2000 (gli anni precedenti alla sua prematura scomparsa avvenuta nel 2009) tracce evidenti di musica celtica, di madrigalismo provenienti da una ricerca e da uno studio costanti. Guardando ad Enya e ad Angelo Branduardi, all’it-pop e a Bjork, Valentina stava costruendo un qualcosa che probabilmente non c’era nella musica italiana; un tentativo nobilissimo di pop radiofonico assolutamente piacevole ed orecchiabile con alcuni elementi musicali non proprio comuni in quel mondo.

Al Festival di Sanremo 2002 si presentò nella categoria Giovani con il brano “Il passo silenzioso della neve” e non vinse per pochi voti; apparve subito, in un mondo musicale che già iniziava ad essere cannibale e musicalmente sempre più omologato, come un qualcosa di diverso che sì puntava a passare in radio ma raccontando una storia musicale diversa, più elaborata, più vera e sicuramente più raffinata. Raffinato è un termine che gli “addetti ai lavori” solitamente usano come palliativo quando vogliono dirti che il tuo materiale è troppo di nicchia per il pubblico generalista e che quindi non avresti nessuna speranza di carriera a livello nazional popolare. Non so se Valentina abbia combattuto anche con il paradosso di avere un prodotto “troppo di qualità” ma temo che queste risposte siano passate spesso anche dalle strade che percorreva questa dolce e talentuosa artista; Dopo il disco d’esordio (“Creatura nuda”) del 2002 il secondo disco (“L’Amore non ha fine”) uscirà solo postumo, quando ormai era già terribilmente tardi, quando un tragico scherzo del destino l’aveva portata via per sempre.

Nel pieno della vita, nel pieno della carriera, Valentina se n’è andata in uno schianto contro un albero dopo che la sua musica era sembrata a chiunque la ascoltasse un rimando continuo alla natura, alla terra di cui scrivevo sopra, agli spazi sconfinati di una scogliera irlandese o di un campo di papaveri nelle campagne toscane, le sue campagne.

Domani, il 21 Giugno, è la Festa della Musica e mai come nell’ultimo periodo si sta comprendendo il valore di questa forma d’arte così strana, in grado di unirci in un modo così inafferrabile e difficile da spiegare. Forse questo era un racconto doveroso per celebrare questa ricorrenza; sappiate che non ho voluto scrivervi la storia di Valentina Giovagnini per raccontare un fatto di cronaca ambientato nel mondo della musica ma perché ascoltarla e leggere la sua storia mi ha fatto pensare a quanto la vita, questo paradosso infinito che diamo inevitabilmente per scontato, scontata non è, che basta un attimo e la luce si spegne e si spegne davvero ed ecco che le assi sul palco del teatro rimarranno lucide dietro il sipario. E allora vale la pena festeggiarla, la vita, celebrarla sempre e farlo facendo quello che si ama fare, inseguendo i sogni che secondo noi meritano di essere seguiti, cercando il nostro personale talento come ha fatto in quei pochi anni Valentina. Che merita di essere ricordata. Merita, dalla terra in cui si trova ora, di vederci ballare fino a che pace non c’è, proprio come cantava lei.

Buona giornata! Buona Domenica!