SISTERHOOD
di Laura Gramuglia
Tra le questioni sollevate spesso durante le presentazioni, incontri, laboratori che accompagnano la vita del mio Rocket Girls – libro da cui questa rubrica trae spunto – la sensazione che, per le donne, sia difficile fare squadra. Oggi fortunatamente le cose si stanno evolvendo rispetto al passato, ma quando nei luoghi decisionali – posizioni di solito occupate da uomini – si continua a dare spazio ad altri uomini in un rapporto di genere evidentemente impari, è come se si volesse alimentare la rivalità tra donne. Un esempio. Dopo il fortunato esordio con i Blondie, negli anni Ottanta, Debbie Harry tenta la carriera solista, ma nella seconda metà del decennio ecco affacciarsi in classifica Madonna. Nulla di male, se non fosse che la Sire Records, trovandosi entrambe sotto contratto, decide di puntare tutto su quest’ultima. Per la serie: due cantanti pop nella stessa etichetta? Ce n’è una di troppo. Quando mai si è fatto lo stesso ragionamento per i maschi?
Altro scenario, altra epoca, stessa discriminazione sistemica. Intorno alla metà degli anni Novanta, la cantautrice Cristina Donà bussa alla porta della Polydor con le canzoni che andranno a comporre il suo album di debutto, “Tregua”: ci dispiace molto signora Donà, ma abbiamo già Carmen Consoli nel nostro roster.
St. Vincent, artista incontrata tra queste pagine a gennaio, nel corso della propria carriera ha cambiato spesso pelle, ha giocato con la propria immagine, ha accumulato collaborazioni, ha fatto un disco con David Byrne e ha prodotto il lavoro di colleghe stimate come Sleater-Kinney, ma soprattutto da anni cerca di colmare il divario tra donne e uomini dietro le quinte dell’industria musicale: “Sono in una posizione in cui posso assumere personale. Dai registi dello spettacolo alle persone che mi accompagnano in tour, sento di essere molto fortunata a poter assumere delle donne, perché sono una donna. E non mi sento minacciata da altre donne potenti. Le incoraggio e mi piace essere circondata da loro”. Per l’album Masseducation, St. Vincent ha scelto l’ingegnera del suono Laura Sisk, già al fianco di Lorde, Shakira, P!nk, Sia, Taylor Swift e molte altre artiste. Se ancora oggi giornalisti del settore si domandano come possa sentirsi una donna dietro a una batteria, figuriamoci dietro a un mixer. Posizione per cui le più determinate hanno combattuto fin dagli anni Cinquanta. Vita facile, soprattutto agli esordi, non l’ha avuta Marta Salogni, oggi affermata producer, ieri giovane expat pre Brexit “Sono partita dal basso. Facevo tè e caffè ad altri producer negli studi di registrazione. Osservavo mentre lavoravano, prendevo nota delle tecniche, le mettevo in pratica da sola nelle sessioni successive. Tentavo di dare il centodieci per cento nonostante orario, stanchezza, pensieri per la testa. Non avevo un piano B, volevo farcela. Non ho lasciato famiglia e amici per nulla: fallire non era un’opzione.” Marta, nel giro di qualche anno, ha incassato la fiducia di Bjork, M.I.A., Goldfrapp, Tracey Thorn. “Sono sempre stata orgogliosa di essere donna e di fare quello che faccio. E se una donna ingegnere del suono è qualcosa di rivoluzionario allora ben venga: mi piacciono le rivoluzioni. Il problema è che chi discrimina spesso ricopre ruoli decisionali ed è proprio lì che bisogna intervenire. Dobbiamo smontare il patriarcato. Le discriminazioni non mi hanno mai fermato. I perdenti sono loro.”
ROCKET GIRLS #6 | Sisterhood
La Playlist che accompagna l’articolo è una selezione di Laura “Rocket Girls“
Crediti:
L’immagine di copertina è Marta Salogni.
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