IL POLLAIO SI ALLARGA | intervista a ILARIA GASPARI
di Elisa Genghini
Giunti a questo punto della mia rubrica vorrei allargare un po’ i confini del mio pollaio con un’ospite.
Un’ospite che io personalmente adoro e che sono sicura adorerete tutte.
Si chiama Ilaria Gaspari, e sono sicura che ballerà con noi qui nel pollaio come una vera Gallina Vecchia che si rispetti. Ho letto le sue parole nei suoi libri: balsamo per il mio cuore. La sua voce si fa sentire anche in televisione e in radio, una voce gentile e intelligente, una voce con tante sfumature, per me è musica anche se lei dice che di musica non ci capisce niente e che soffre di Amusìa, e che me la rende ancora più simpatica. Ma se parliamo di filosofia, di letteratura, non ce n’è per nessuno. Io per dire, di filosofia ci capisco ben poco, quello che so l’ho imparato dal professor Celli quando facevo il liceo. E da lei, che sa arrivare a chiunque, con le sue riflessioni così profonde e così leggere allo stesso tempo. Ve la voglio proprio presentare.
ELISA: Ciao Ilaria. Sono lieta di ospitarti nella mia rubrica. Ti faccio subito una domanda: per galline vecchie intendo le donne che vogliono essere donne. E basta. Esistere, senza troppe rotture di scatole, senza essere per forza belle, giovani, premio Nobel per la fisica. Donne che si vogliono prendere il diritto di essere galline, vecchie bruttine, spettinate, stropicciate, pigre, sboccate, volgari, sbadate, rintronate, grasse, stecchite, raggrinzite, felici. Tu in che misura ti potresti sentire una Gallina Vecchia?
ILARIA: Ah guarda, intanto ti ringrazio per i complimenti, che non mi merito, ma che come ogni gallina vecchia sa bene, fanno sempre piacere. Il punto, credo, per essere Galline Vecchie, è accogliere complimenti con grazia (ci sto lavorando), ma non vivere per ricevere encomi o complimenti, o peggio: non vivere per sentirsi irreprensibili. Ti posso dire che mi lusinga l’idea di pensarmi come una Gallina Vecchia, mi lusinga e mi attira molto, ma credo di essere ancora una Gallina Vecchia in prova, e sai perché? perché la vera me è una Gallina Vecchia al 100%, e dalla prima infanzia; ma c’è una specie di prigione, di guscio di insicurezza, che per molti anni mi ha impedito di gallinavecchizzarmi. Credo che sia un tratto molto comune, a dire il vero, ora che inizio a vederlo con più chiarezza me ne vergogno molto. Per troppi anni ho pensato di dover continuamente dimostrare di essere brava. Soprattutto questo: di essere brava e di essere una brava ragazza. È uno stupido imperativo castrante, ma che ci posso fare? Oggi capisco perché si è innestato in me, e quando – gli anni della Normale. Anni di crescita, ma anche anni in cui mi sentivo addosso il peso di un ambiente iper-competitivo, anni in cui temevo i pettegolezzi, e sopra ogni cosa temevo che si dicesse, di me, che non ero abbastanza brava. Chi me lo faceva fare, poi, di macerarmi così, oggi non lo so dire; probabilmente il malinteso per cui pensavo che più fossi stata brava, più mi sarei meritata l’amore.
Che ingenua gallinella, vero? Oggi faticosamente mi sto liberando da quegli occhiacci della vergogna, fissi su di me come dei fari, da quando ho capito che erano occhi miei. Non è facile però, rimangono certi tic da brava ragazza, una cortesia esagerata, un’insicurezza che non va certo d’accordo con l’esposizione, piccola ma pur sempre impegnativa, che vivo in questo periodo. Ma finalmente, e questo spero possa fare di me una Gallina Vecchia onoraria, ho imparato ad ascoltare quella voce sepolta dentro di me sotto strati e strati di preoccupazioni inutili. Una voce che sostanzialmente mi dice, ma veramente te ne frega qualcosa di… e dopo i puntini puoi aggiungere quasi ogni possibile variazione su giudizi, valutazioni, opinioni e pareri non richiesti. Una voce che mi dice anche, e questa sì è musica anche per le mie orecchie amusiche, che non c’è niente di male a fare schifo. Mi ci sto abituando, è sorprendente quanto ci si abitui in fretta al lusso di fare un po’ schifo! Avrei dovuto sperimentarlo prima ma non si piange sul latte versato.
ELISA: Per superare una tua fatica sentimentale, diciamo così, ti sei iscritta alle scuole filosofiche degli antichi greci, sei stata pitagorica, eleatica, stoica, scettica, epicurea, cinica (leggere assolutamente Ilaria Gaspari, Lezioni di Felicità, Einaudi, 2019). Che scuola potresti consigliare ad una Gallina Vecchia che avesse voglia di uscire da tutto questo garbuglio di convezioni, costrizioni, di “bisogna essere cosi bisogna essere cosà”, per essere semplicemente felice?
ILARIA: Beh in realtà diverse scuole propongono ai discepoli nuove regole da seguire, ma in molti casi si tratta di regole, di esercizi spirituali diciamo, indirizzati alla liberazione dai preconcetti, dal ricatto delle paure e delle convenzioni sociali. Le mie scuole preferite, che, ti dirò, non sono affatto estranee alla mia metamorfosi in Gallina Vecchia (che è diventata irreversibile da quando ho vissuto l’esperimento che racconto nel libro), sono due, entrambe per questa ragione: epicurea (che insegna a non lasciarsi ricattare dalle paure e a vivere una vita in cui siamo noi, direttamente noi, a decidere di cosa abbiamo bisogno e di cosa no, liberandoci da tutti quei bisogni e doveri imposti dall’esterno). E la cinica, una scuola un po’ punk, se vogliamo, anzi punkabbestia perché il cinico si ispira al mio animale-guida, ovvero: il cane. Che mangia quando ha fame, dorme quando ha sonno, non si preoccupa di molto altro, e vive nel momento.
ELISA: Quando penso alla filosofia antica mi immagino solo vecchi con la barba bianca, lo so eh, ho una visione limitata e stereotipata, mi devi scusare, appunto per questo però volevo chiederti: C’è qualche “Gallina Antica” da poter chiamare in causa? Quale filosofa di quei tempi lontani potrebbe rispondere alla mia intervista?
ILARIA: Ehhh – purtroppo temo che non siano proprio tante! Certo, c’è la più famosa di tutte, Ipazia, un personaggio davvero formidabile, una filosofa neoplatonica – forse il neoplatonismo però non è proprio l’orientamento più adatto alle Galline Vecchie. Lei oltretutto è finita scarnificata da dei fanatici protocristiani, è stata una vera martire, ma è un destino che non ci auguriamo, spero. Poi ce ne sarebbero altre: Teano, la moglie di Pitagora, di cui però si hanno informazioni frammentarie. Ipparchia, la cinica, è certamente una Gallina Vecchia, l’adoro: una ragazza di buona famiglia, che manda tutte le ricchezze al diavolo per sposare il cinico Cratete e vivere con lui una vita, diciamo, parecchio spartana. E a chi la criticava rispondeva che almeno lei, invece di perdere tempo con il telaio, si era occupata della sua educazione.
ELISA: In un altro libro meraviglioso (Ilaria Gaspari, Vita segreta delle emozioni, Einaudi 2021) parli dei moti interiori, se mi permetti di chiamarli semplicemente così. Io, da Gallina Vecchia quarantenne, ne temo in particolare due. Il primo: il rimpianto. Avendo spesso noi donne di una certa età delle vite già ampiamente avviate, una casa, un lavoro, figli, famiglie, routine che si ripetono per una serie infinite di mesi, giorni, anni, a volte mi trovo a pensare alle infinite vite meno una che non ho vissuto. Come si fa a fare pace con il fatto che non sia possibile vivere troppe vite? E se fosse possibile? Ci sarebbe un modo? (Sì, lo so, sto sognando)
ILARIA: Guarda, io adoro macerarmi nelle nostalgie e nei rimpianti, e non credo affatto che sia una cosa legata all’età: lo faccio da quando ho l’età della ragione, da bambina giustamente tutti mi prendevano in giro perché ero melodrammatica, ma sono proprio fatta così. Certo, teoricamente più uno vive più le occasioni di rimpianto si accumulano, e il cuore diventa come quelle case di accumulatori seriali che poi non riescono più ad arrivare alla porta perché gli franano addosso le montagne di giornali degli ultimi trent’anni… ecco, fra l’altro io sono anche un’accumulatrice, non a questi livelli ma fosse per me non butterei niente, e penso che le due cose, inclinazione al rimpianto e ostinazione anti-Marie Kondo, vadano a braccetto. L’unica via razionale che conosco, per dare un taglio al rimpianto (e per convincermi a buttare, di tanto in tanto, qualcosa), è il ragionamento: lo riprendo dall’appendice alle Lezioni Americane di Calvino, che lì parlava di scrittura, nella fattispecie degli incipit, ma vale anche per la vita. Nella testa di chi vuole scrivere un romanzo, dice, ci sono milioni e milioni di romanzi possibili, romanzi in potenza. Scrivere un incipit significa pescarne uno; e, per portarne uno in atto, per renderlo reale, per permettere a un romanzo di esistere, lasciare indietro tutti gli altri. Ma se non lo fai, non avrai nemmeno il tuo singolo romanzo. In altre parole, come ho scritto nel mio libro, una volta tanto scrivendo una frase che mi soddisfa ma solo perché ho un feticismo per la grammatica: per ogni indicativo, muore un milione di condizionali.
Sono ragionamenti a cui, ammetterai, c’è poco da obiettare. Ma è chiaro che, essendo così razionali, non possono convincere il cuore al cento per cento. Il cuore continuerà a scalpicciare… ma secondo me è anche bello così. Bello ogni tanto fantasticare, accomodarsi con l’immaginazione nelle vite che non abbiamo saputo, o voluto (qui anche c’è un altro nodo: molto spesso rimpiangiamo cose che un istinto più saggio di quanto siamo noi ci ha spinto a scartare, perché non le volevamo davvero), vivere.

ELISA: L’altra è l’invidia. Confesso di averla provata, forse da più giovane, prendendomela con me stessa per non essere riuscita ad ottenere ciò che altre o altri anno ottenuto (vedi sempre le infinite vite meno una). Poi ho capito che non serve a niente, che il male ce l’ho addosso soltanto io, allora ho smesso. Ma mi sono accorta a mia volta che di invidiosi ce ne sono tanti, e spesso mi ritrovo a vedermi male perché mi vedo con gli occhi di chi mi vede male e che quindi mi invidia. È un tranello che spesso colpisce le donne quando cercano di smarcarsi dall’ essere oggetto per pensarsi come un soggetto, per godere di sé, piacere a se stesse infischiandosene di cosa dice il mondo. Sono stata chiara spero. Come facciamo chiamare l ‘invidia con il suo nome e provare a comprenderla ed accettarla senza esserne soggiogate?
ILARIA: Ehhh con l’invidia è dura! Il fatto è che è un’emozione molto potente, quindi è normale temerla. Io temo di provarla; e infatti la reprimo subito, sul nascere, ma si sa che la repressione è sempre una risposta sbagliata, in tutti i campi, quindi piano piano sto iniziando a chiedermi, quando mi accorgo che sorge in me quest’ondata spaccatutto dell’invidia, cosa me la provoca – è interessante, molto spesso, scopro, invidio le persone che mi sembrano avere una vita più facile; solo che poi a ben guardare, che ne so io della reale facilità che hanno quelle persone nelle loro vite? E soprattutto, lo scoglio su cui si infrange ogni invidia: anche se partissi dalle loro stesse condizioni, e fossero condizioni semplici e accoglienti, riuscirei comunque a complicarmi le cose. È un fatto, lo so.
Ma a farmi più paura, è l’invidia degli altri. Penso che sia normale, che sia così un po’ per tutti: l’invidia è un’emozione molto potente, connessa con il malocchio. È normale temerla. Fino a qualche tempo fa, per me era insostenibile – oltretutto io sono una di quelle persone dalla sensibilità morbosa, quindi la sentivo immediatamente, me ne accorgevo e stavo male. Da quando ho imparato ad analizzare la mia, però, anche quella degli altri mi sembra meno malefica, come se avesse perso un po’ di potere. Poi molto spesso quando sento che qualcuno mi invidia, penso poveretto/a, si sta lasciando ingannare dalla superficie, la glassa… non sa che ginepraio di paranoie e casini c’è sotto!
ELISA: Cara Ilaria, vorrei farti mille altre domande ma la mia è solo una piccola rubrichina. Sappi che la tua presenza onora Musica di Seta e noi ti ringraziamo infinitamente. Ultima domanda. So che dici di non capirci nulla di musica, ma sono sicura che hai una canzone che ti piace, la vogliamo mettere infondo all’intervista. Una sola, se scritta e cantata da una donna, meglio, ma qualsiasi cosa ti piace, piacerà sicuramente anche a noi.
ILARIA: Ahahah va bene allora ti dico una canzone che esprime perfettamente il mio stato d’animo attuale e anche le mie intenzioni più profonde: Je ne veux pas travailler di Pink Martini. È una canzone che mi mette un incredibile buonumore, l’ascolto sempre mentre lavoro infatti ☺ mannaggia a me!