Il nostro secondo Dicembre insieme è qui. Il periodo di Natale è un tempo che dovrebbe essere leggero, senza pensieri ma, complice la pandemia ancora in corso, siamo nel nostro personale avvento e l’attesa del Natale (e di tutto il resto) si fa più densa.
Nelle ultime settimane ho avuto l’occasione di conversare con amiche e amici riguardo a nuove uscite discografiche e mi sono ritrovata a dire sempre la stessa cosa: ci vuole fedeltà. Fedeltà alla musica, a se stessi, alla proprio vena artistica, se così vogliamo chiamarla. L’attitudine personale dovrebbe avere il proprio spazio e il proprio valore. Quando questa manca… si sente.
Mi rendo conto che in queste conversazioni (o su questa pagina) posso risultare pesante, antica e fuori moda. Pesante perché il mondo ci vuole felici, allegri, spensierati, in aura di perfezione e i miei “pistolotti emotivi” (così li chiamo per auto-ironizzare sulla pesantezza) sono davvero anacronistici. Antica perché la parola fedeltà è una virtù (altra parola per certi versi desueta) e un libero impegno morale che ciascuno si assume nelle relazioni, con se stessi o con gli altri. Stiamo parlando praticamente di fantascienza. Fuori moda perché non ho mai e dico mai guardato cosa funziona, cosa va e cosa no, quali suoni usare per inserirsi sul mercato, non so usare bene Spotify e non ci provo nemmeno (e devo ringraziare Giulia Pratelli che ogni tanto mi dà qualche dritta e me ne ricorda l’esistenza), vorrei che tutti avessero un lettore cd in macchina e che si tornasse al desiderio di sfogliare un booklet per scoprire chi ha suonato, chi ha prodotto e chi ha scritto le canzoni.
Quindi assodato che sì, sono pesante, antica e fuori moda, io credo che non si debba mai rinunciare alla fedeltà a se stessi, alla propria natura – che torna sempre, chissà come mai. E mi permetto di prendere questa posizione perché sono sempre rimasta ancorata a me stessa in questi 20 anni di musica. Ovviamente le evoluzioni di scrittura, di interpretazione e musicali ci sono state eccome, date dalla crescita, dagli ascolti, dagli studi, dalla definizione di sé, ma sempre nel recinto del rispetto di se stessi e della musica. In ascolto. Quando ero giovanissima ho avuto l’occasione di prendere parte al tour/talent estivo che organizzava Radio Italia. Sarei dovuta salire sul palco, dopo aver fatto un corso da loro indetto su come si sta sul palco (?), a cantare canzoni scritte dagli autori selezionati per me. E tutti mi dicevano “dai, poi arrivi a cantare le tue canzoni ma prima devi fare le cose radiofoniche”. Questa cosa non mi ha mai convinto e infatti non feci quel tour e rifiutai quella che sicuramente per altre persone sarebbe stata un’offerta succulenta. Ho fatto bene? Ho fatto male? Ognuno avrà un suo parere al riguardo ma per quanto mi riguarda ho fatto bene eccome perché non sarebbe stato quello che volevo e non mi avrebbe portato dove volevo andare. Da quando ho 17 anni so che l’unica cosa che mi interessa è scrivere canzoni e poter salire su un palco, voce e chitarra, a cantarle. Stop.
Tutto quello che ho fatto dopo è stato mosso da questo pensiero ben stampato in testa. Non ho sempre messo a segno ogni obiettivo ma, soprattutto negli ultimi anni, grazie all’esperienza e alla consapevolezza, vivo la dimensione musica, nelle sue sfaccettature artistiche e professionali, con libertà e questo è impagabile. La stessa libertà che mi ha permesso di fare il passo, in piena pandemia, di aprire Musica di Seta.
La libertà di rimanere fedeli a se stessi ha un costo, è un bene di lusso. Costa sacrifici, dedizione, disciplina, botte nei denti, delusioni, talvolta rinunce ad amori vari e variabili e costa porsi sempre delle domande. Che fatica le domande in un’epoca che vuole solo risposte.
Il mio augurio in questo tempo di attesa è essere liberi di restare fedeli. E sappiamo bene che la magia del Natale può compiere meraviglie. E come dice il celebre e bellissimo standard jazz I’m old fashioned “Sono fuori moda, vuoi essere fuori moda con me?”
Chiara Raggi
La foto di copertina è di Raffaele Longo