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Cantautore [Femmina] #4 – L’editoriale

Chi si prenderà cura di noi se non siamo noi stessi a farlo per primi?

Potrà sembrare una banalità, una cosa sentita, trita e ritrita e invece, all’inizio di questo nuovo anno così carico di aspettative, mi pare importante pormi questa domanda.

Chi mi conosce da vicino sa che cerco di mettere attenzione, curare i dettagli, dare importanza alle sfumature perché è nel dettaglio di un’immagine in una canzone, nella scelta di un termine al posto di un altro in un post di Facebook e, ancora, nella tonalità di rossetto che scegli in una determinata occasione che si gioca la partita. Lo faccio perché chiedo molto a me stessa, perché penso, non di rado “potevo fare meglio”, perché ho la Luna in Vergine che martella quotidianamente sul rigore e la disciplina, l’ordine. E non è un caso che il mio secondo album l’avessi voluto intitolare Disordine!
A volte divento persino ossessiva su dettagli e parole e non è un bene, né per me né per chi mi sta intorno. In questi casi devo armarmi di pazienza e gentilezza verso me stessa e perdonarmi qualcosa che sfugge o qualcosa che non è venuto come si era previsto. E anche chi mi vive deve armarsi di comprensione e lasciare correre ogni tanto.

La mia natura tende forse ad esagerare, ma trovo fondamentale avere cura per se stessi e per le cose che si hanno tra le mani. Cosa facciamo e come lo facciamo mostra chi siamo, soprattutto oggi in un’epoca liquida – come la musica – in cui siamo tutti alla finestra a vedere dove casca l’asino.

Faccio un passo indietro.

Ci sono stati anni in cui pensavo di prendermi cura di me stessa e, con il più classico “senno di poi”, posso dirvi che non era così.
Cercavo di rispondere e corrispondere a modelli femminili proposti attraversi social e media e, troppo spesso, richiesti da uomini che frequentavo.

Ricordo ancora quando qualcuno mi disse, con il lato b di Jennifer Lopez aperto a tutto schermo sul computer, che potevo arrivarci ad essere così, bastava mi impegnassi nell’andare a correre ogni giorno. Io detesto correre. Cammino, ogni tanto nuoto, posso anche fare qualche esercizio di work out quando sono in vena ma non corro. E invece? Pensate un pò, infilavo le scarpe tecniche da jogging, reggiseno contenitivo e via per i parchi torinesi.

Vi confesso che, per questi motivi, nella mia libreria, divisa “ovviamente” per argomenti, c’è un ripiano dedicato alle diete. Pensatene una? C’è anche quella. La dieta del digiuno, la paleozoica, la Boot Camp, Eat to Life, quella dei gruppi sanguigni, la Dukan in ogni versione aggiornata, etc. Anni fa sono arrivata a fare “la dieta del sondino senza sondino”: per 10 giorni non ho ingerito nulla se non liquidi a base di proteine del latte. Avevo perso 5 kg in 10 giorni… “stavo benissimo”. Credo che mia madre non sappia questa cosa e che dopo questo scritto mi sgriderà perché da bambina ero allergica alle proteine del latte.

Vi racconto questo per dirvi che, pur non avendo patologie che mi richiedessero una perdita di peso, ero ossessionata dal corrispondere allo standard della donna sempre giovane, sempre magra, sempre tonica, senza cellulite ed in più sorridente, affabile, etc.

Se vogliamo aggiungere a questo il mestiere che faccio, il quadro si completa.
Dopo aver compiuto trent’anni, dall’anno successivo, andavo indietro… 29. 28, 27. Ero sempre molto attenta a non mettere il mio anno di nascita nella biografia.

Poi è venuto il momento in cui ho preso coscienza, grazie a tanti anni di psicanalisi e una volontà di ferro che mi perdonerete se mi riconosco, che il mio fondoschiena non sarebbe mai stato quella di J. Lo ma soprattutto che non lo voglio! Che l’uomo che me lo chiedeva non era l’uomo per me pur avendolo amato come un Dio (e su questa ultima affermazione ce ne sarebbero di cose da dire). Che la mia bellezza sta nella morbidezza delle mie curve, che le rughe che vedo animare il mio volto rappresentano il mio essere donna. Questi 38 anni sono piuttosto sorprendenti e se mi guardo indietro vedo tanta strada che non rinnego ma custodisco e tengo bene a mente.

Giochiamo una partita in cui siamo i giocatori e gli allenatori, a volte contro noi stessi, altre a favore. Abbiamo compagni di squadra e avversari ed è lo stile con cui si sceglie di giocare che, a lungo termine, credo faccia la differenza.

Se lasciamo da parte le frustrazioni, se riusciamo a non farci incattivire dalle esperienze più dolorose che sono sul nostro percorso, ecco che il nostro stile prende una direzione precisa.
E allora mettere cura nello scegliere una parola per un post diventa importante perché rivela chi siamo, cercare di tenersi in forma per non avere mal di schiena, ad esempio, e acquisire più energie è sacrosanto e liberatorio, essere una cantautrice di 38 anni, “eterna emergente” per citare un caro amico, non è qualcosa da nascondere.

Dave Liebman in una masterclass al Conservatorio di Torino, moltissimi anni fa disse: “la differenza nella musica è nelle nuances”.
Prendo in prestito le sue parole e ci auguro per questo nuovo inizio di appassionarci alle sfumature perché ci rendono unici, sempre e ovunque.

CHIARA RAGGI

Crediti:

L’immagine di copertina è uno scatto di Kendra Vittorini