Little Italy
di Laura Gramuglia (fonte Equaly)
Si è da poco conclusa Milano Music Week, un’intera settimana di concerti, showcase, incontri, mostre e presentazioni che ogni anno porta in città artistə e addettə ai lavori per discutere sullo stato dell’industria musicale nel nostro paese. Grazie anche ai meeting organizzati da Linecheck, il confronto con la scena internazionale entra nel vivo e panel come “Diversity is Variety”, “Uguaglianza di genere nell’industria musicale italiana” o “Musica e gender equality”, accendono interessanti dibattiti. Per esempio, a che punto siamo con la parità di genere nell’industria musicale italiana? Secondo Spotify, siamo a un punto morto: negli ultimi tre anni i dati sulla presenza delle artiste nelle nostre classifiche sono fermi al 14,1 per cento.
Al citato panel, oltre a Federica Tremolada, Managing Director, Southern and Eastern Europe di Spotify, partecipa Enzo Mazza, CEO di FIMI, il quale annuncia che proporrà ad Amadeus, attuale conduttore e direttore artistico del Festival di Sanremo, di introdurre per la prima volta nella storia della manifestazione, un cast composto al cinquanta per cento da donne. La risposta di Amadeus non si fa attendere: “Con grande rispetto non sono d’accordo: non ho mai scelto una canzone in base al sesso dell’artista, sarebbe un grave errore, scelgo la canzone in base alla bellezza. Non vedo perché dovrei dare una quota alle donne, sarebbe quasi offensivo nei loro confronti. Ti devi lasciare guidare dalle emozioni, dalla vera onestà. Ci sono donne fantastiche in tutti i festival che hanno dato filo da torcere agli uomini, è questa la cosa più importante“. Amadeus ricorda insomma quanto le quote rosa, o di genere, risultino offensive per una donna, ma dimentica o ignora quanto a oggi sarebbero necessarie per porre le basi a un nuovo modo di vedere e leggere le cose. E di nuovo, davvero oggi le artiste in Italia non sono all’altezza, scrivono e interpretano pezzi dimenticabili?
Sempre secondo Amadeus, bisognerebbe puntare il dito altrove: “La proposta potrebbe partire dalla stessa industria discografica: sono tutti uomini ai vertici, c’è solo Caterina Caselli alla Sugar, eppure ci sono donne bravissime. Le stesse associazioni musicali hanno tre uomini alla guida: se si tratta di un segnale importante, è giusto che parta dalla grande discografia o dalle associazioni musicali”. Ci sono donne bravissime, ma cambiare il sistema per concedere loro una concreta possibilità, non sembra affare del direttore artistico del Festival di Sanremo. Eppure i dati ci dicono che la principale vetrina della canzone italiana, un problema con le artiste, ce l’ha. Dal 1951 a oggi le donne in gara nella sezione big e nuove proposte si attestano sotto la soglia del trenta per cento. In settant’anni Sanremo è stato condotto da donne solo in sei edizioni e da quando Pippo Baudo istituì la regola secondo la quale il conduttore avrebbe dovuto assumere anche il ruolo di direttore artistico, ecco che la norma non è mai stata applicata alle donne.
Ma se l’introduzione delle quote rosa è così offensiva, allora non sarà il caso di eliminare le quote celesti? La proposta arriva da Elisa Giannini, in arte Teresa Cinque, artista-monologhista che non perde occasione per ricordarci quanto sia inverosimile pensare che gli uomini siano la maggioranza in tutti i campi e ricoprano tutti i ruoli importanti esclusivamente per merito. È evidente che le quote celesti fanno sì che un uomo ricopra un certo incarico in quanto uomo e non per la competenza. “Sennò vorrebbe dire che tutti gli incarichi apicali, decisionali, più importanti, sono ricoperti da maschi perché le donne non sarebbero in grado. Statisticamente, per esempio, nelle università le femmine hanno voti più alti, le laureate sono più dei laureati. Quindi, se gli uomini sono lì, sono lì perché sono maschi, non perché sono più bravi”. Com’è che non ne parla nessuno di queste quote?
ROCKET GIRLS #14 | LITTLE ITALY
La Playlist che accompagna l’articolo è una selezione di Laura “Rocket Girls“
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